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#team NBA: gli Indiana pacers

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It’s really disturbing”. Spoelstra, allenatore dei Miami Heat, commenta così la decisione del front office di Indiana di non confermare Frank Vogel per la prossima stagione. “Sconcertante” come un coach che ha portato i Pacers ai playoff 5 stagioni su 6, conducendoli ad insidiare i Miami Heat dei Big Three, una delle squadre più talentuose dell’ultima decade, per un posto alle Finals, venga rinnegato improvvisamente dal Gm Larry Bird. L’ex campione dei Celtics giustifica il mancato rinnovo appellandosi alla necessità di mettere una “nuova voce” sulla panchina per dare una scossa ai ragazzi. “Sconcertante” la scelta del sostituto di Vogel, che sarà Nate McMillan, suo assistente negli anni ad Indiana e tutt’altro che una “nuova voce” nello spogliatoio. La rivoluzione voluta da Bird si è bloccata sui primi passi, non ha sconvolto la Nomenklatura dei Pacers. Per una squadra più improntata all’attacco, come vorrebbe il Gm, perché non proporre un Jeff Hornacek, che avrebbe portato una svolta netta nel sistema? L’impressione è che il nuovo corso dei Pacers possa stentare a partire finché le decisioni saranno così controverse.

LA STAGIONE 2015/2016
Nate McMillan si troverà al lavoro con un gruppo giunto in settima posizione ad Est lo scorso anno con 45 vittorie, eliminato in gara 7 del primo turno playoff dai Toronto Raptors. Con gli addii di Hibbert e West i Pacers avevano abbandonato il progetto di un basket ragionato, basato su una ruvida difesa e su un pace basso in attacco, per provare a migliorare la fase offensiva mantenendo come base il lavoro sulla mentalità nella propria metà campo svolto negli anni precedenti. Le cose non sono esattamente andate come previsto, il piano tattico dell’abolizione delle twin towers che occupavano l’area non si è evoluto in una spumeggiante small ball. Non tutti possono trasformarsi magicamente in Golden State da un anno all’altro, i Pacers sono solo riusciti a diventare più piccoli nel reparto lunghi finendo col subire terribilmente Jonas Valanciunas ai playoff, non migliorando al contempo l’attacco, posizionandosi diciassettesimi in punti per partita. Vogel era tuttavia riuscito a mantenere il livello difensivo sugli standard degli anni precedenti, pur non avendo più a disposizione i lunghi sopra citati e dovendo coprire le lacune di Monta Ellis nello spot di guardia. Riuscirà McMillan a compiere lo stesso lavoro, cercando inoltre di far correre i suoi ad un ritmo più alto per avvicinarsi allo stile di gioco verso cui la lega tende sempre di più?

LA STAGIONE ALLE PORTE: 2016/2017

Certamente la nuova squadra disegnata da Larry Bird si adatta meglio a tale evoluzione. Prima del Draft i Pacers si sono attivati ottenendo in uno scambio a tre squadre Jeff Teague, cedendo George Hill. L’ex play di Atlanta ha due anni in meno del suo pari ruolo e come lui è al suo ultimo anno di contratto. Per il resto le caratteristiche dei due differiscono notevolmente: Teague amerà guidare una squadra più votata all’attacco nei primi secondi dell’azione, grazie alla sua abilità nel pick ‘n’ roll primario, dall’altra parte del campo però sarà difficile non far rimpiangere un mastino come Hill. La volontà di competere fin dalla prossima stagione (alla stella Paul George rimangono due anni di contratto e si vuole far di tutto per non avere un caso Durant 2.0) traspare anche dalla cessione della scelta al Draft in cambio di Thaddeus Young, ala grande che ricoprirà uno spot vacante dall’addio di West. L’ex Nets è un giocatore duttile sia in attacco che in difesa, tuttavia le sue scarse percentuali da 3 punti fanno riflettere sull’applicabilità del sistema pace and space voluto da Bird, che necessita appunto di tiratori dalla lunga per aprire il campo. Con la seconda scelta i Pacers hanno selezionato Georges Niang, prospetto che farà da backup proprio a Young. Infine giungiamo alla mossa più intrigante del mercato, la firma di Al Jefferson con un triennale da 10 milioni annui. Il centro trentunenne ha ormai alle spalle il prime della sua carriera e la tenuta delle sue ginocchia è un enorme punto interrogativo, però l’ex Charlotte può ancora offrire un solido contributo dalla panchina, usufruendo probabilmente di un ritmo più basso con l’uscita dei titolari. Corriamo ed esaltiamoci nei primi secondi dell’azione con il quintetto base, appoggiamo palla sotto a Jefferson quando George e compagni prendono fiato: questo sarà probabilmente il diktat tattico di McMillan. Altri movimenti minori riguardano l’acquisizione di Aaron Brooks, Jeremy Evans e Kevin Seraphin, pedine che difficilmente sposteranno l’ago della bilancia.

LA STELLA
Chiunque si aspetterebbe Paul George in questa rubrica. Tornato dal devastante infortunio con la nazionale, l’anno scorso è tornato a macinare il gran gioco su entrambi i lati del campo che lo rende uno dei primissimi della lega. George, capace di limitare Derozan e al contempo infiammare la Bankers Life Fieldhouse con triple e schiacciate, è una sicurezza per la squadra e difficilmente farà mancare il suo apporto su entrambi i lati del campo in termini di punti, rimbalzi e difesa. Ma non mi piace essere banale e voglio indicare come futura stella e giocatore chiave per la prossima stagione Myles Turner. Paragonato da McMillan a LaMarcus Aldridge per il suo tiro morbidissimo, il classe ’96 dovrà farsi valere nel ruolo di centro titolare, facendo uno step decisivo soprattutto in difesa, poiché a chiunque giochi in quel ruolo in Nba si richiedono fisicità e intimidazione. Tali qualità sono proprio il tallone d’Achille del giovane, che nell’anno da rookie non ha potuto sostenere il compito di colmare le lacune difensive dei compagni giocando da centro titolare. Se Turner diventasse candidato al Most Improved Player, migliorando tenuta fisica e mentale ed aumentando sensibilmente il suo minutaggio, si prospetterebbe una grande stagione per i Pacers. Per questo lo eleggiamo al ruolo di (Rising) Star della franchigia.

https://youtu.be/THPBwy-Qum8

LE ASPETTATIVE

La dirigenza si aspetta di finire molto in alto nella griglia playoff, forse anche col fattore campo al primo turno, obiettivo ambizioso per una squadra finita settima lo scorso anno. I punti interrogativi sui nuovi Pacers sono numerosi e spinosi, a partire dalla capacità del nuovo coach di allenare una squadra che vuole alzare il ritmo: le squadre di McMillan hanno finito 24, 27, 15, 27, 28, 29, 29, 30, 30, e 30 nella classifica del pace per game. Non dati invidiabili per l’allenatore di un team che si è alleggerito sotto canestro per velocizzare il gioco. Il secondo punto focale è proprio questo, il reparto lunghi che annovera solo Turner, Jefferson e Seraphin nel ruolo di centro. Il giovane è una scommessa da titolare, Big Al non ha molto gas ancora nel serbatoio e il francese non è niente più che un uomo da rotazione. Le incognite sul roster dei Pacers riguardano anche le guardie. McMillan avrà l’arduo compito di far convivere due giocatori che tendono a monopolizzare il pallone come Ellis e Teague, senza dimenticare che il fenomeno della squadra, Paul George, necessita di un buon numero di possessi in attacco. Se le risposte a questi quesiti saranno valide, Indiana potrà aspirare davvero al terzo o quarto posto ad Est, in caso contrario la rivoluzione di Bird avrà ripercussioni sgradevoli sulla franchigia.