Per battere un Dream Team ci vuole un altro Dream Team: Lo squadrone europeo di BI
Per battere un dream team ci vuole un altro dream team. Messa così parrebbe semplice più di quanto effettivamente non sia. Non potendo contare sugli Avengers, statunitensi pure loro e ultimamente anche disgregati al loro interno, e non convinti dalla recente Suicide Squad l’unica strada che la redazione di BI ha trovato per provare a fermare gli inbattibili americani è stata: il dream team europeo.
Ben consci dei problemi politico- strutturali che impediscono la creazione degli Stati Uniti d’Europa ci siamo divertiti a scegleire i componenti della nostra squadra dei sogni. Restano fuori giustificati Diamantidis (che ha smesso di giocare in questo 2016 che è una ecatombe di icone cestistiche) e un altra ventina di nomi che non ci sono solo per dimenticanza, più o meno involontaria, di chi scrive. Partecipate anche voi al giocone di fine estate e fateci sapere, con ogni mezzo conosciuto e non, i vostri dodici. Ecco quelli di BI.
Playmaker/Guardia
Tony Parker: Non sarà più il giocatore esplosivo che è stato ma dobbiamo fronteggiare un Dream Team è la sua esperienza è necessaria. In più sa alzare il livello quando più conta e di gente così il Vecchio Continente non ne fa più.
Milos Teodosic: Una volta in redazione si era scettici sul sangue freddo del serbo. Sembrava sempre sul punto di sciogliersi sul più bello. Nell’ultima stagione ha certificato che quella maturazione è alla fine insperatamente arrivata. Sulla caratura tecnica del giocatore invece i dubbi erano scomparsi già secoli fa.
Nando De Colo: Ha giocato a fianco ai due che lo precedono ma non ha niente da invidiare ai due sopra. Incompreso, in primis per colpa sua e di una testa ancora non “pronta, dall’Nba ha sviluppato il carattere ma soprattutto il QI cestistico a Mosca. L’olimpiade ci ha detto chi avrà le chiavi dei Blues per i prossimi anni
Juan Carlos Navarro: Uno dei talenti puri e più fulgidi di quella “Generacion 80” che ancora invidano (invidiamo?) alla Spagna. La sua avventura in nazionale si è chiusa con un bronzo. La sua bomba è un marchio registrato, antesignano delle triple di Curry. Portavoce di una certa corrente di pensiero che vuole il basket europeo più tecnico di quello d’Oltreoceano, suo malgrado. Ha fatto tutto quello che ha fatto anche se martoriato dagli infortunii e quindi lo portiamo anche su una gamba sola.
Vassilis Spanoulis: Se volete capire Vassilis Spanoulis, più che a lunghe e tediose analisi tecnico-tattiche di presunti luminari della pallacanestro che affollano l’internet, affidatevi a You Tube e guardatevi un paio di canestri di “Kill Bill”. Quelli decisivi per l’Eurolega o quello decisivo sulla sirena per fare andare di traverso all’amico-nemico Diamantidis l’ultimo derby. D’altronde uno che in carriera ha il coraggio necessario per diventare parte della storia di Pana e Oly può avere paura di qualcosa? La risposta la sapete già.
Ala Piccola
Bojan Bogdanovic: I programmatori di NBAK16 ne vorrebbero di più così. Con lui devono fare solo una espressione di default, non ne ha altre. Impermeabile alle emozioni, freddo come un killer, carattere da vendere come da stereotipo per i croati. Lo aspetta un anno in cui dovrà reggere da solo o quasi la baracca Nets. Intanto ha fatto un Olimpiade da paura iniziata eliminandoci al pre olimpico. Abbiamo capito dopo che quella serata non è stata un estemporaneo exploit
Danilo Gallinari: Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Quando gliene daranno “solo” quelle che si danno a un grande giocatore e non gli verrà chiesto di salvare tutti e di portarli sull’arca come un moderno Noè forse avremmo occasione per celebrarlo.
Ala Grande
Boris Diaw: Se non fosse impegnato a pianficare viaggi su Marte e a bere più espresso di Clooney sarebbe ancora di più ma non sarebbe il nostro Baback. Giocatore che potrebbe fare qualunque ruolo e qualunque cosa se il palcoscenico e quello adeguato. Se gli dite che bisogna battere gli Usa forse si impegna e forse la si porta a casa.
Dirk Novitzki: Mettere sulla mappa cestistica la sua nazione, riuscire nell’Nba senza avere alcuno sponsor e nessun hype dietro. Diventare il simbolo di una franchigia che prima di lui non era arrivata neanche vicina a vincere nulla. Queste sono solo alcune delle imprese del tedescone che, en passant, resta uno dei pochi giocatori in attività ad avere un “signature move” perché quel tiro “ alla Novitzki” è ormai un marchio registrato.
Centri
Pau Gasol: Srotolare l’immenso palmares anche in questo caso è assolutamente pleonastico. Agonista vero, capace di adattarsi a qualunque tipologia di compagno (Kobe compreso), il catalano ha chiuso l’Olimpiade con una prestazione monstre che è valsa il bronzo. Adesso è pronto per una nuova avventura in quel di San Antonio e ci sono tutte le premesse per aggiungere nuove pagine al romanzo epico della sua carriera.
Marc Gasol: Quando analizziamo le possibilità di questa Spagna non si può non ricordare, a mò di postilla, che gli iberici hanno fatto quello che hanno fatto senza l’apporto, per motivi diametralmente opposti, del più giovane dei fratelli Gasol e di Ibaka. Marc Gasol prima degli infortuni ha dimostrato di essere uno che sposta gli equilibri e di essere un giocatore bidimensioanale e moderno in una squadra che è stata tutto fuorchè moderna come Memphis nel gioco. L’infermeria ce lo restituirà finalmente a inizio anno e non vediamo l’ora perché, a differenza di altri componenti di questo roster, sembra ancora non aver raggiunto il suo prime.
Ioannis Bourousis: Bourousis una volta è stato a Milano ma sia lui che i tifosi milanesi hanno provato vicendevolmente a dimenticarlo. Tolto quell’anno di black-out il greco è sempre stato un lungo di primissima fascia a livello europeo. A sorpresa quest’anno a Vitoria ha trovato una stagione da MVP dell’Eurolega salendo ulteriormente di livello quando probabilmente non ci si aspettava più potesse toccare certe vette. Con quelle mani poi può far saltare molte difese.