Tutelare maggiormente gli Italiani è davvero una soluzione utile al nostro basket?
Leggendo molti commenti successivi all’eliminazione della nazionale al Preolimpico di Torino, tentando di analizzare più nel profondo le problematiche del nostro movimento, ho notato tornare prepotentemente di scena l’annosa questione dei troppi stranieri in Serie A. Tematica tra l’altro molto cara al presidente Gianni Petrucci che per mesi non ha mancato di sottolineare la cosa tramite i media cartacei anche se poi l’aumento a 6 italiani minimi a roster non si è concretizzato.
Andiamo dritti al punto: servirebbe aumentare nettamente la quota italiani ( lasciando un po’ come i 2-3 stranieri di una volta) per migliorare la problematica legata al livello mediocre dei nostri talenti?
La mia opinione senza giri di parole è NO e aggiungo anche che peggiorerebbe la situazione.
Innanzitutto a chi ricorda i bei tempi andati di dominio europeo con Lega A al massimo splendore e 2 stranieri massimo vorrei dire che il mondo della pallacanestro da allora è totalmente cambiato, ma che soprattutto nel 2016 la globalizzazione è un processo che non può in nessun modo fermare. Tuttavia da quei tempi sono cambiare molte cose ad esempio lo sfruttamento e gli investimenti nei vivai, cose ormai completamente sparite (e già questo di per se è una differenza sostanziale).
Per come la vedo io credo fortemente che la rivalità e la concorrenza siano il modo migliore per stimolare a crescere qualcuno. Una metafora sportiva per la lotta di sopravvivenza nella giungla. Ecco tutelando questo effetto proprio non si ottiene. Inoltre tutelare, nel nostro campionato, significa strapagare. Eh si perchè gli Italiani ottengono cosi un’importanza indispensabile anche solo numericamente aumentando quindi il loro valore di mercato anche se il loro valore tecnico rimane basso. Perchè allora tante società in questo periodo storico cosi economicamente complicato preferiscono gli stranieri (anche scarsi)? Molto semplice: costano meno. E in questo modo la qualità media non fa che abbassarsi ulteriormente.
Intendiamoci è giusto mantenere un livello italiano (è il campionato italiano in fondo) ma solo se supportato alle spalle da adeguate strutture funzionanti come ad esempio in Spagna (non a caso col campionato europeo di più alto livello).
Fare un campionato di italiani quasi per soli italiani non servirebbe perchè per crescere davvero devi scontrarti con le altre realtà, con le realtà straniere con altri stili di gioco e fisici diversi. È la differenza e la concorrenza che può risollevarci, bisogna ritrovare lo spirito sportivo autentico, quello che ti vuole portare a superare i propri limiti senza adagiarti sugli allori di una situazione confortevole.
Abolire la quota italiani (impossibile) sarebbe una scelta forte, pericolosa e nel breve periodo sicuramente non darebbe risultati ma si tratta ovviamente di una questione quella dei talenti italiani che va valutata nel lungo termine. Il problema è sempre questo non si ragiona a lungo termine.
In questo modo solo i fenomeni (e sono pochi) sbocceranno presto mentre giocatori più di secondo piano rimarranno impantanati in un medio livello che non porta niente a nessuno.
Quindi alla domanda “bisogna tutelare di più gli italiani?” ribadisco il mio forte NO ma ribadisco anche come il problema sia alla base della scarsa programmazione, dell’abbandono totale dei vivai, e di come ormai da anni si preferisce arrancare solo sull’oggi piuttosto che lavorare con ambizione sul domani.
Ma in fondo siamo in un paese dove si mantengono palazzetti in deroga da decenni piuttosto che lavorare a nuovi progetti, dove si giocano finali scudetto in contemporanea alla nazionale di calcio, quindi che mi sorprendo a fare?