fbpx
Home Nazionale Preolimpico Torino – L’Italia e una lezione da cui ripartire… ancora una volta

Preolimpico Torino – L’Italia e una lezione da cui ripartire… ancora una volta

0

28013887292 6000231595 zDa Tokio 2006 a Torino 2016: è un destino che si ripete quello di un gruppo che, a detta di molti, è (stato) il più talentuoso di tutti i tempi, ma che ad oggi ritrova con un pugno di mosche in mano.

Sconfitte che bruciano, come quella di ieri sera, dove tutto era agghindato per la grande celebrazione diventata incubo, con i tuoi avversari che festeggiano in casa tua; sconfitte amare, che hanno seguito spesso uno stesso beffardo esito comune.

La prima ribalta in cui questo gruppo stava prendendo forma sono stati i mondiali di Tokio nel 2006: l’Italia di un giovane Belinelli riuscì a tenere testa nel girone agli USA degli esordienti James, Wade ed Anthony chiudendo seconda per poi cedere di 3 alla Lituania agli ottavi, avendo a disposizione nel finale tre tiri liberi con Basile non sfruttati; l’anno dopo fu la Germania ad estromettere in una gara da dentro o fuori un team con gli innesti di Bargnani e Datome; nel 2009 il punto più basso con addirittura la mancata qualificazione agli europei in Polonia, riconducibile essenzialmente alla sconfitta di 1 punto nelle qualificazioni contro la Bulgaria; segue ancora la doppia sconfitta nel 2013 e 2015 in Polonia e Francia, la prima punto a punto e la seconda in overtime dopo che Gentile aveva il pallone allo scadere per le semifinali.

È evidente allora che vi è qualcosa di strutturale all’interno di questo gruppo che non lo ha reso, e forse mai lo renderà un gruppo vincente, ad ogni modo #SiamoQuesti e dovremo lavorare sui nostri pregi e soprattutto sui nostri difetti. L’assenza di un asse play-pivot di vertice ha costretto prima Recalcati, poi Pianigiani ed ora Messina a costruire una squadra che si basa molto sulle percentuali al tiro: in una gara nervosa come quella di ieri sera, come in ogni partita decisiva, è naturale che le percentuali tendano al ribasso e quindi partiamo con una sorta di fardello intrinseco; molti invocano la naturalizzazione di Arcidiacono come la panacea di tutti i mali, altri chiedono l’epurazione di Bargnani come simbolo in un fallimento, ma attenzione l’inserimento o l’esclusione di un singolo non può mai portare a risultati strutturali. Ciò che occorre è creare un maggiore “flow”, ma come per il famoso “amalgama” nel calcio, questo non è un qualcosa che si compra al supermercato.

L’Italia di ieri ha denotato poi ancora una volta scarsissimo balance tra attacco e difesa. Se con Pianigiani la squadra era votata alla fase offensiva, cercando di vincere con un canestro in più degli avversari, l’approdo di Messina ha ribaltato drasticamente lo scenario: anche ieri abbiamo visto un Italia a tratti disciplinatissima difensivamente (salvo poi delle amnesie singole impossibili da allenare), ma che poi in attacco, ad eccezione delle rimesse in gioco, ha denotato un playbook offensivo radente allo zero.

Altra considerazione è quella che i nostri big hanno si un talento smisurato forse non raggiunto da nessun’altra Italia, ma è pur vero che, forse ad eccezione di Gallinari, nessuno di loro è riuscito ad essere un vero leader durante le partite, frutto anche del loro ruolo nei club di Eurolega e NBA. Avere un “pentavirato” a decidere le sorti di un match in alcuni casi può essere un vantaggio, ma il più delle volte l’assenza di un go-to-guy nelle fasi salienti non può che far male. In queste situazioni ci si assume una responsabilità più grande di quella singola ed ecco allora che ad esempio Bargnani e Gentile perseverano nell’attaccare nella loro “comfort zone”, abilmente neutralizzata ieri da Petrovic, Belinelli cade spesso nella volontà di giocare hero-ball e Datome accusa più di tutti il valore di indossare l’azzurro italiano e rappresentarci. Per questo l’attuale Italia non è paragonabile a quelle dell’80 o del ’99 – che al talento (forse leggermente inferiore) associavano una razionalità chiaramente maggiore – né tantomeno a quella del biennio 2003-04 – indubbiamente con un tasso tecnico inferiore, ma che con la garra e la tenacia riusciva a far rendere al 200% giocatori quali Rombaldoni e Garri.

Da dove ripartire? Innanzitutto bisognerà vedere se il nuovo coach sarà ancora Messina. Un allenatore che privilegia la difesa è forse quello che serve a questa squadra anche se si snatura la loro essenza. Fondamentale poi sarà vedere chi ha ancora voglia di programmare un nuovo quadriennio: un paio di stelle in meno potrebbero non essere un passo indietro se sostituite da giovani vogliosi e ambiziosi (Abass e Polonara potrebbero essere due nomi giusti). Una volta stabilito il gruppo su cui puntare, sarà fondamentale poi trovare a tutti la giusta dimensione… critiche cicliche, critiche forse che non hanno un’applicazione nella realtà, ma sono critiche che devono dar luogo a qualcosa se non vogliamo che questo splendido gruppo rimanga per sempre un’eterna incompiuta).