Sardara a 360°: ‘Vicini al divorzio con Sacchetti. Le vittorie non ci hanno cambiato, Sassari deve far divertire’
Dalla Supercoppa, con cui tutto è iniziato un anno fa, alla Supercoppa. La stagione di Sassari, campione di tutto, riparte da Torino dove la Dinamo – rinnovata in gran parte dei suoi protagonisti – mette in palio il primo dei tre trofei (Coppa Italia e scudetto gli altri due) conquistati nell’ultima straordinaria stagione. Che ha cambiato la storia del club sardo ma non la sua filosofia. La missione di Sassari resta la stessa che dal 2010, anno della storica promozione in A, ha accompagnato la squadra guidata da Sacchetti, essere prima di tutto una fonte di divertimento.
Presidente Stefano Sardara, quando nel 2012 avete dato vita al progetto Dinamo 2018 l’obiettivo era vincere qualcosa di importante entro quella data. Con i tre trofei dello scorso anno e soprattutto lo scudetto avete anticipato un po’ i tempi… “L’obiettivo, quando abbiamo iniziato quel progetto, era costruire una società-azienda e vincere qualcosa. Siamo andati oltre ogni aspettativa. Non dico che si è chiuso un ciclo, ma sicuramente per questo club si è completata una fase. Ora inizia un nuovo percorso. Vogliamo essere una società sempre più vicina al suo territorio, ma il tema che assorbirà più energie nei prossimi anni sarà la costruzione della nuova casa della Dinamo”.
Dopo aver vinto praticamente tutto correte il rischio di avrere la pancia piena? “Assolutamente no, chi fa questo lavoro con passione non può avere la pancia piena. Raggiungere un obiettivo un anno non significa non poterlo ripetere in quello successivo. Con questo non dico che vinceremo di nuovo tutto, di sicuro scenderemo in campo con l’obiettivo di far divertire i nostri tifosi e cercare di portare a casa il maggior numero di successi”. Come si convive con l’etichetta di favoriti? “Non ci nascondiamo. Essendo detentori siamo quelli da battere, in realtà sappiamo che non è così, che ci sono altre società strutturate come e più di noi per poter ambire alla vittoria finale. Ma vogliamo dire la nostra e recitare un ruolo importante. E, perché no, provare a rivincere”. Bella soddisfazione il triplete. Poi però arriva il momento di costruire la nuova squadra…. “E per noi trattenere certi giocatori diventa impossibile. Se la nostra struttura economica rimarrà questa è una necessità con cui dovremo convivere per un bel po’ di tempo. E’ evidente che ci proponiamo al mercato dei giocatori come il trampolino di lancio ideale per ambire a piazze ancora più importanti. L’esempio più lampante è Lawal, un giocatore che fino allo scorso anno guadagnava un quinto di quello guadagna oggi al Barcellona. Questo sicuramente grazie alle sue capacità ma anche all’ambiente in cui ha potuto far vedere di poter ambire a livelli più importanti”.
Del parco stranieri della scorsa stagione siete riusciti a tenere forse il giocatore più importante, Logan. “E’ la conferma che la società ha fatto un passo avanti importante. Due anni fa abbiamo dovuto rinunciare praticamente a tutti, quest’anno siamo riusciti a tenere David, vuol dire che anche noi iniziamo ad essere una piazza ambita dai giocatori di un certo livello”. La nuova Sassari che squadra è? “Una squadra che dovrà far divertire la sua gente. Se riuscirà ad essere vincente lo sapremo solo tra un po’, ma la nostra filosofia non cambia. Nel nostro slogan diciamo che siamo ”più di un gioco”, in realtà quello che vogliamo essere è soprattutto un gioco. Preferisco perdere una partita 112-111, come è successo la scorsa stagione con Milano, piuttosto che vincerne una segnando 60 punti. Quel giorno i nostri tifosi sono tornati a casa sicuramente delusi per il risultato ma contenti per aver assistito ad un grande spettacolo. Lo stesso discorso vale per chi la partita la vede in tv. Chi viene a vederci ha voglia di svuotarsi la testa, noi abbiamo il dovere di farli divertire”.
I volti nuovi promettono spettacolo. “E’ quello che ci auguriamo. Non sono arrivati giocatori di secondo piano. Petway negli ultimi due anni è stato all’Olympiacos, è un giocatore di altissimo livello tecnico che riesce a coniugare una personalità importante. Haynes non ha bisogno di presentazioni, Varnado può ripetere la stagione di Lawal. Personalmente sono rimasto molto impressionato da Joe Alexander. E’ un ragazzo (scelto con il numero 8 da Milwaukee nel 2008, ndr) che negli ultimi due anni è stato condizionato da un infortunio, ma che già al Maccabi lo scorso anno ha fatto bene e che secondo me con le caratteristiche della nostra squadra può fare ancora meglio. Da lui mi aspetto tanto”. Avversarie sempre le solite? “In linea di massima non dovrebbero cambiare, anche se rispetto allo scorso anno vedo più avanti Venezia perché in un’impalcatura già forte ha aggiunto due tasselli importanti. In pole sia chiaro resta Milano, ma secondo me la Reyer darà filo da torcere a tanti. Ovviamente non dimentico Reggio Emilia, la stessa Brindisi e Cantù, altra squadra di cui non mi fido mai. Sarà un campionato ancora più competitivo, il messaggio che abbiamo lanciato lo scorso anno credo farà bene all’intero movimento. E’ la dimostrazione che non sempre l’ampiezza dei mezzi economici è la condizione necessaria per primeggiare”.
In termini economici quanto vale il triplete? “Una botta di debiti…. Scherzo, in realtà vale tantissimo, soprattutto in prospettiva. Intanto ho scoperto, con leggero stupore, che non esiste un premio in denaro per chi vince lo scudetto. Finirà che ci metteranno in conto la coppa…. Siamo stati felici di pagare il premio ai giocatori, non lo avevamo messo in preventivo ma va bene così. Di contro è cresciuto il numero degli sponsor, chi era già con noi ci ha riconosciuto un bonus anche se nel contratto non era previsto”. Dica la verità, quanto è stato vicino quest’anno il divorzio da Sacchetti? “Non lo nego, siamo stati molto vicini a separarci. Con Meo ci lega un rapporto di amicizia da prima che diventassi presidente della Dinamo. Una cosa che ci siamo sempre detti è che il rapporto professionale non dovrà mai intaccare quello personale. Nell’ultima stagione abbiamo smesso di parlarci in maniera schietta come avevamo fatto in passato, alla fine è bastato ritrovarsi da soli per chiarirci”. La seconda volta in Eurolega come se l’aspetta? “Spero in un cammino migliore, anche se il girone in cui siamo finiti non è proprio il più facile. Vogliamo affrontarla con un piglio diverso, lo scorso anno eravamo dei debuttanti in tutti i sensi. Ci sono scogli che sappiamo essere praticamente insormontabili, ma anche squadre come Bamberg e Darussafaka con cui possiamo giocarcela”.