Sergio Scariolo, l’eroe silenzioso della Spagna campione d’Europa
Il giorno dopo la netta quanto inattesa (almeno fino alla settimana scorsa) vittoria da parte della nazionale spagnola dell’edizione 2015 dell’Eurobasket, i tifosi e gli appassionati di pallacanestro si sono dati appuntamento per festeggiare i propri eroi per le strade di Madrid.
Tanti applausi ed entusiasmo attorno a Pau Gasol e compagnia per il terzo titolo europeo in quattro edizioni della competizione continentale, segno indelebile che ci troviamo davanti alla miglior generazione di cestisti in terre iberiche.
Ma c’è dell’altro… Cosa accomuna i titoli conquistati in Polonia nel 2009, in Lituania nel 2011 e in Francia ieri? Facile a dirlo, la guida tecnica da parte di Sergio Scariolo che, dopo i fallimentari risultati raccolti da Juan Antonio Orenga, che gli era succeduto nel novembre 2012, era tornato alla guida delle Furie Rosse quest’anno in vista dell’appuntamento europeo come vero e proprio salvatore della patria… spagnola!
Ebbene sì, perché effettivamente il tecnico bresciano ha collezionato i suoi migliori successi proprio in
Spagna, mentre in Italia verrà ricordato per il biennio fallimentare all’Olimpia Milano (2011-2013). In terra iberica, infatti, Scariolo ha raccolto anche diversi titoli con le squadre di club che ha allenato: due scudetti (Real Madrid 1999-2000 e Malaga 2005-2006) e due Coppe del Re (Barkonia 1999, Malaga 2005).
Come selezionatore della “Roja,” a parte i tre ori continentali già ricordati, va messo a referto anche un meritorio argento olimpico a Londra 2012 (perdendo in finale solo contro gli imbattibili Stati Uniti).
Eppure, nonostante questo palmares assolutamente meritorio, neanche in Spagna il coach italiano è particolarmente amato dagli appassionati di basket, situazione alquanto ingiusta.
Durante il campionato, dove la sua squadra è partita male per ritrovarsi strada facendo e raggiungere il top della forma fisica e mentale proprio quando ce n’era più bisogno, il suo cognome è stato infatti nominato molte più volte a inizio torneo, e non accompagnato esattamente da aggettivi qualificativi di elogio, anzi… Un po’ come un arbitro, che viene nominato invano solo quando commette degli errori, ma che viene rigorosamente dimenticato quando invece realizza bene il suo lavoro. Diciamo che i due italiani presenti domenica sera nella finale di Lille (Scariolo e l’arbitro Luigi Lamonica) si trovavano un po’ nella stessa ingrata situazione.
Eppure Scariolo è perfettamente integrato nell’ambiente: vive in Spagna da tanti anni ormai, parla e scrive perfettamente la lingua senza neanche un po’ d’accento, conosce alla perfezione l’ambiente, la federazione, e anche i giocatori, ai quali ha dato qualcosa in più durante il torneo, permettendo di creare un gruppo unito e soprattutto inculcare d’idea di crederci fino alla fine.
D’accordo, in molti diranno che è facile vincere un torneo con un Pau Gasol così… Ma un Pau Gasol così c’era anche l’anno scorso nei mondiali di casa, un flop clamoroso! E c’erano anche le altre stelle stavolta assenti: Marc Gasol, Juan Carlos Navarro, José Manuel Calderón, Ricky Rubio… Ma non c’era Sergio da Brescia, capace, ad esempio, di trasformare un Víctor Claver apparso spaesato durante i primi incontri in una pedina fondamentale del suo gioco difensivo e dosando alla perfezione l’apporto dei vari Rudy Fernández, Sergio Rodríguez, Sergio Llull, Felipe Reyes, Pau Ribas, Fernando San Emeterio, etc.
“Sono veramente felice – dichiarava ai colleghi di Marca dopo la partita – avevamo cominciato il campionato senza dei giocatori, poi Rudy e Pau hanno avuto problemi fisici, ma siamo cresciuti sia come gioco che sotto il punto di vista mentale. I miei giocatori hanno creduto in quello che stavano facendo, non hanno smesso di crescere e questa finale l’abbiamo vinta senza soffrire troppo. È un premio meritato per la squadra”.
Sì, ma un premio meritato anche per lui… Diamo a Cesare quel che è di Cesare!
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