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Carlo Recalcati compie 70 anni: “Il regalo? Lo scudetto con Venezia”

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Carlo Recalcati compie oggi 70 anni. Di seguito la intervista realizzata da Michele Contessa sulla Nuova Venezia con il coach della Umana Reyer Venezia. “Poteva fare il ragioniere a Milano oppure l’assicuratore in Brianza, invece Carlo Recalcati si è conquistato negli anni, non solo per i risultati ottenuti, ma per la signorilità con cui vive ogni situazione quotidiana, l’immagine di uomo-simbolo della pallacanestro italiana. Oggi, “Charlie”, taglia un bel traguardo: compie 70, una vita trascorsa sul parquet, giocando prima e insegnando poi il basket, passando da Cantù a Reggio Calabria, tagliando l’Italia da Est (Montegranaro, Venezia) al Centro (Bologna, Siena) e al Nord (Bergamo, Arese, Varese) e vestendosi d’azzurro in Nazionale. «Nessuno mi crede quando dico che è una giornata come le altre, almeno per quanto mi riguarda. Poi mi rendo conto che sarà un pò ‘ diversa, ma solo per i tanti messaggi che cominciano ad arrivare e che stanno aumentando». Recalcati allenatore, quasi per gioco. «Sì, a Parma feci il giocatore-allenatore, poi iniziai nel 1981 a Bergamo, sempre con l’idea di fare però l’assicuratore. Avevo lavorato a 15 anni in un’azienda, poi pensai di aprire un assicurazione, non pensavo che la pallacanestro mi avrebbe assorbito anche dopo aver smesso da giocare. Ma anche quando divenne la mia professione, pensavo che a 55 anni avrei smesso. Invece sono ancora qua». Con una serie di risultati alla spalle che tantissimi suoi colleghi vorrebbero conseguire. «Rimpianti? Mai, nessuno. È sempre stata una mia filosofia di vita, me lo ha insegnato il mio presidente di Cantù. Quando si fa una scelta, pensi sempre che sia quella giusta, se poi si verificano circostanze negative, non puoi star lì a rimuginare su quello che potevi fare diversamente». Recalcati e la famiglia. «Sono stato fortunato, molto, perché hanno sempre condiviso le mie scelte, diventandone spesso partecipi in positivo. Mi ricordo un’estate, dopo aver vinto lo scudetto a Varese, ero in contatto con Malaga, era praticamente tutto concordato, e loro a dirmi che bella Malaga, c’è il mare, benissimo. Nel giro di tre-quattro giorni tutto è cambiato, vado a Bologna, alla Fortitudo, e loro: “che bello, così andiamo a fare shopping”».

Marito di Giovanna, papà di Gaia e Sara, nonno di Gianmar-co e Alice. «Cerco di condividere più tempo possibile con i miei nipoti, anche se è sempre complicato. Gianmarco, prima di iniziare la scuola, è stato a lungo a Siena con me e mia moglie. Vorrei vederli crescere meno rapidamente di quanto mi sia accorto che erano cresciute le mie figlie, e di questo non finirò mai di ringraziare mia moglie». La voglia di allenare non è scemata, anzi. «Alla fine dei playoff leggevo che forse avrei smesso, io non ci pensavo minimamente, davo per scontato che avrei continuato, non mi sono nemmeno preoccupato di smentire. Ogni anno, quando mi avvicino alla fine della stagione, faccio però una riflessione doverosa, verso me stesso e verso la società per cui lavoro: è fondamentale stare bene di salute per poter lavorare bene, anche accusare il peso della fatica può diventare un fattore negativo perché non ti esprimi al meglio». Un regalo a fine stagione? «Troppo facile, mi sembra che Goss si sia sbilanciato, e non poco, il giorno del raduno: è logico che sarebbe bellissimo vincere a 70 anni lo scudetto con la Reyer»