Marion, il giocatore che ci mancherà nella prossima stagione (anche se forse ancora non lo sappiamo..)
Il sette maggio 1999 esce nei cinema italiani Matrix. Il 30 giugno 1999 i Phoenix Suns scelgono quello che diventerà poi per tutti “The Matrix”. Il 5 febbraio 2015 esce “Jupiter”, i registi sono gli stessi di Matrix (pure se uno dei due ha cambiato sesso nel mentre). Il film, colossale flop, fa capire ai Wachovski che è forse il caso di rinunciare ai blockbuster e ne sancisce il ritiro dal cinema, o quantomeno da quel tipo di cinema. Il cinque febbraio 2015 Shawn Marion ha già capito che il suo tempo in Nba è agli sgoccioli. Lo capirà definitivamente in quella serie finale che doveva essere il suo canto del cigno e che invece per lui non è mai iniziata. Abbiamo raccontato due storie diverse tutte e due senza lieto fine in “seven seconds of less” ma sarebbe ingiusto ignorare tutto quello che c’è stato in mezzo.
Shawn Marion era arrivato ai Suns su intuizione del allora già bravo Gm Danny Ainge con la scelta numero 9. Veniva da una carriera luccicante al liceo e nella UNLV che fu di Shaq (i destini dei due si incroceranno poi). I Suns cercavano una macchina da punti e rimbalzi, troveranno qualcosa in più.
Matrix è nato dall’idea di mischiare Asimov, Metropolis un cartone giapponese e forse un fumetto satirico italiano del grande Stefano Disegni e Massimo Caviglia datato 92.Anche in questo caso si finirà per ritrovarsi tra le mani qualcosa di più della somma di influenze tanto eterogenee.
Nel 2003 Marion è un giocatore atipico per l’epoca e multifunzionale. Ha un rilascio orribile ma ciò non ne pregiudica l’efficacia da tre. Gioca in una squadra ancora più atipica che non vince niente ma è rivoluzionaria: i Suns di D’Antoni. Arriva la consacrazione a fenomeno di culto e la convocazione all’All-Star, l’ultimo di tale Michael Jeffery Jordan.
Nel 2003 Matrix è un fenomeno capace di appassionare persone diversissime tra loro arrivando persino ad appassionare giovani ragazzini della provincia abruzzese, come chi scrive. Ha effetti speciali e trovate che potrebbero risultare pacchiane però è efficace. Non vincerà mai un Oscar “importante” (solo premi tecnici) ma ha guadagnato un posto nel nostro cuore
I Wachovski non possono esimersi dal regalare un seguito alla loro epica. Nel 2003 esce Matrix Reloaded. Arriverà nel piccolo cinema abbruzzese dove è cresciuto chi scrive solo nel 2004. Il risultato è di molto inferiore alle attese. I due registi saranno nominati ai Razzie Awards dello stesso anno. Il capitolo finale della triologia, uscito con poca lungimiranza poco dopo non ha migior fortuna, anzi è un incubo.
Nell’ estate del 2004 Shawn Marion viene convocato nel team Usa che, al solito, deve vincere la medaglia d’oro. Ci sono pure i rookie Melo, Wade e LeBron. Finisce col bronzo, dietro pure agli Azzurri che si arrendono solo in finale all’Argentina di Ginobili, Oberto e di tutti quegli alri che già sapete. Siccome in America non conoscono mezze misure Marion e compagni in poco tempo diventano il “Nightmare Team“.
Nel 2006 i Wachowski mettono mano alla sceneggiatura del cult “V per Vendetta”. Riguadagnata la credibilità battono cassa e nel 2008 riescono a farsi finanziare un film ispirato a un anime di quelli che nemmeno al vostro amico più nerd dirà tantissimo. Il film è “Speed Racer”. Nonostante la presenza di buoni attori (ma l’attrice è Cristina Ricci o Francesca Michelin?) il film incassa pochissimo e non ripaga neanche i suoi costi. Altro Razzie ma la colpa è forse di chi gli ha dato i soldi per fare una ciofeca del genere.
Qualche mese prima, è ancora il 2007 Shawn Marion, che ha messo in bacheca un altro All-Star Game nel 2005, va pure lui a batter cassa. Gli rispondono picche e lui a stagione in corso lascia una squadra che ormai ha dato tutto. Lo scambiano per i resti di Shaq. L’allora GM Steve Kerr si becca pure le minacce di morte. A Miami neanche a Marion va benissimo e dopo un anno è già ripartito.
I Wachowski sembrano aver trovato la loro dimensione scrivendo sceneggiature di onesti B-Movie come Ninja Assassin del 2009 e intanto continuano a covare il progetto di un ritorno in grande stile con quello che si prospetta un sicuro blockbuster, Cloud Atlas. La rinascita è in atto.
Marion è a Dallas. Un pò a sorpresa diventa il perno di una squadra da titolo e mette numeri importanti oltre a essere decisivo pure in difesa contro gli Heat dei primi Big Three.
Cloud Atlas è troppo complicato, troppo “pieno” per funzionare. I Wachowski si giocano l’ultima carta per tornare nell’olimpo dei registi con “Jupiter”. O la va o la spacca. Finisce male, malissimo come detto e difficilmente i due avranno un altra chance di dimostrare il loro valore con quel budget.
L’ “altro Matrix” prova l’ultima volta a giocarsi l’anello, ai Cavs. Le premesse sono buone ma finisce male, malissimo per Shawn. Persino Perkins si trova con più minuti nelle finali di lui. Era l’ultima chance.
Il fatto che entrambe queste storie finiscano in maniera netta e happy ending ci lascia l’amaro in bocca. Scende una lacrima (al rallentatore ovviamente) per questi atipici che, attorno a una parola con cui non avevamo familiarita come Matrix, hanno costruito la loro legenda.
Magari c’è ancora tempo per un finale diverso. Magari i Wachowski troveranno la loro strada come sceneggiatori di serial per la tv (Sense8 non è male) e magari Marion divrnterà un grande coach o un grande GM. Che poi, chi l’ha detto che debba esserci una fine. Non vanno di moda i finali aperti?
Foto Keith Allison