Difesa, l’identità di un gruppo e un leader designato che non delude; questa è la ricetta che Pianigiani ha utilizzato per costruire l’Italia, quell’Italia che con un percorso netto ha già strappato il biglietto per Slovenia 2013. Da troppo tempo a questa parte mancava un senso di attaccamento alla maglia come quello visto in questi incontri che la nazionale ha disputato durante l’estate, un attaccamento che mancava sia da parte dei giocatori, sia da parte del pubblico, che spesso spiazzato dai risultati deludenti e altalenanti non riusciva a trovare gli stimoli giusti per sostenere adeguatamente gli azzurri. Qualcosa però e cambiato, merito dello staff di Pianigiani che durante il lungo lavoro è riuscito a creare uno spirito che coinvolge sia i giocatori sia l’affetto del pubblico; prima un estate di rodaggio che ha permesso, seppur in seconda battuta, una qualificazione agli europei Lituani, poi quella rassegna europea che ha dato lo scossone definitivo alla mentalità dei giocatori, con in mezzo la valorizzazione dei giovani in un Italia sperimentale che fa crescere per bene le speranze azzurre.
Chi segue la nazionale sa che forse è finalmente è arrivata quella dignità e quell’anima che il coach ha chiesto in quel ormai celebre time out contro Israele, la stessa anima che ha coinvolto in maniera superba il pubblico di Sassari e Trieste, la stessa anima che ha abbattuto la Turchia, la Repubblica Ceca e asfaltato il Portogallo, la stessa anima che ha creato una difesa dura che non ha ancora permesso a nessuno di superare i 70 punti.
Proprio la difesa è il marchio di fabbrica degli azzurri, capace di variare a seconda dell’avversario di turno, con la concentrazione sempre al massimo, ottima la zone press, marchio di Pianigiani anche a Siena, che ha spesso messo in crisi gli avversari, ma ottimo anche l’apporto dei lunghi; l’inserimento di Chiotti all’occorrenza è stato determinante per far rifiatare Gigli e Cusin quando i falli o gli acciacchi diventavano un problema, così come l’alternarsi di Viggiano proprio a Chiotti come passaportato è diventato utilissimo, quando gli infortuni o la necessità imponevano una tipologia di gioco più atletico.
A parlare dei due Paisà, viene fuori proprio un aspetto fondamentale della truppa azzurra, vale a dire la creazione di un identità di gruppo che ha unito fortemente i giocatori, indipendentemente dalla lingua parlata, permettendo loro di essere una squadra vera e non un insieme di singoli incapaci di farsi forza l’un l’altro nel momento del bisogno; un gruppo che ha trovato ogni volta un protagonista diverso che allo stesso tempo riconosceva nella prestazione della squadra i meriti dei propri exploit individuali. L’esaltazione del singolo non è più uno show personale, ma la ciliegina sulla torta della prestazione di squadra, così la giocata spettacolare diventa non una soddisfazione personale, ma la miccia che accende la voglia di far bene del gruppo, gratificato poi dallo splendido apporto del pubblico quando si gioca in casa, Datome a Sassari insegna.
Ogni buon gruppo per rimanere coeso in ogni istante e non disunirsi, ha bisogno di un leader e fino ad ora non può che essere riconosciuto in Gallinari; il GALLO ha dimostrato che quando c’è stato bisogno di prendersi le responsabilità e caricarsi gli azzurri sulle spalle, non si è tirato indietro, anche se si trattava di fare a botte (il numero di falli subito tende a infinito), o di creare gli spazi per i tiri comodi dei compagni, oppure quando si è trattato di rispondere sul campo alle provocazioni del pubblico avversario, vedi la schiacciata contro il Portogallo nel finale di gara.
Insomma l’Italia è un gruppo, unito e compatto, che più di nazionale sa proprio di Nazione. Rimangono due fatiche da affrontare, la trasferta in Turchia (chissà in che albergo finiranno i nostri) e la passerella finale contro la Bielorussia, ci sarà spazio per chi magari ha giocato meno, ma non ci sarà spazio per chi abbasserà la concentrazione, l’attenzione deve rimanere alta così da poter permettere anche ai giovani provenienti dalla nazionale sperimentale, di crescere nel modo giusto all’interno della maglia azzurra, che finalmente è ritornata ad essere vista come un premio per i propri sforzi sul campo, fatti di sudore e professionalità e non un intralcio alle vacanze.
L’appuntamento è in Slovenia il prossimo anno, sarà un lunghissimo e malinconico periodo di attesa, perché ora che la nazionale gioca così, non poterla vedere ti fa FINALMENTE sentire la mancanza.
Forza azzurri
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