Do you remember? – Hector “Pepito” Romero, il venezuelano che in pochi mesi divenne l’idolo della curva di Siena
Il giocatore-tifoso rientra in quel novero di atleti fuori classifica, per cui si prova un amore che non tiene conto di categorie, spazio e tempo. Può giocare una partita o può giocarne cento, può vincere dieci scudetti o retrocedere dieci volte a fila: non importa, quel che conta è la passione che mette in campo ogni maledetta domenica, l’abnegazione, l’identificazione con chi paga e soffre con te per seguirti giocare ovunque, perché come si sa il contatto diretto con la gente è importantissimo e cementa la passione e lo spirito.
“Uno di noi”, come molte curve canterebbero. Hector Romero non è di quei giocatori dalla carriera e dal palmarès particolarmente sfavillante, ma può fregiarsi di titoli che non sempre sono facili da ottenere: l’affetto e la stima della gente, conquistato con la semplicità di chi sa che ha avuto il privilegio di giocare e godersi uno degli sport più belli del mondo, venendo da zone dove il basket non è di certo roba all’ordine del giorno.
“Pepito” nasce infatti in Venezuela il 3 gennaio del 1980 a Barcelona, ma emigra presto negli States dove assaggia il basket frequentando tra il 1999 e il 2001 l’Independence Community College e tra il 2001 e il 2003 l’University of New Orleans; il talento fisico è chiaro ma i centimetri messigli a disposizione da madre natura non gli permettono di ambire a chiamate importanti (203, per un centinaio di kilogrammi), per cui per mettersi in mostra deve tornare nella sua terra natia. Dopo una prima esperienza ai Guaros de Lara e al Marinos de Oriente, la prima avventura europea in Israele, con la canotta del Ramat HaSharon, che vestirà una seconda volta dopo essere tornato nuovamente in Venezuela, stavolta al Marinos de Anzotaegui. Nel 2006 la prima vera occasione in un campionato di alto livello arriva in Spagna, a Murcìa, ma le partite giocate sono solo tre: il suo procuratore gli farà tentare nuovamente la fortuna in Grecia all’Olympia Larissa nel 2007, ma anche qui è un buco nell’acqua.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere perché in quel momento a una neopromossa in seria A come Scafati tutta sudamericana col portoricano Rick Apodaca e impelagata a metà campionato nella lotta salvezza serve un lungo muscolare dal buon rapporto qualità prezzo, dotato magari di quella “garra” sudamericana che non fa mai male. Pepito si fa rispettare e mostra buonissime cose sotto canestro e a rimbalzo, con 10 gare da 13 punti di media e quasi 6.9 rimbalzi. Improvvisamente però qualcosa si guasta e Romero viene messo alla porta dal club campano: qualcuno parla di qualche intemperanza di troppo fuori dal campo, fatto sta che per Hector si apre un portone, quello della Montepaschi Siena, che per coprirsi in caso di infortuni e tenere sempre alto il livello degli allenamenti decide di tesserare il venezuelano per gli ultimi mesi della stagione. Per Siena è uno degli anni magici del grande ciclo targato Montepaschi, a fine anno sarà scudetto e Final Four di Euroleague e per Pepito lo spazio sarà più che ridotto; le cifre non racconteranno mai però del grande impatto emotivo avuto dal giocatore con la realtà Siena già pochissimo tempo dopo il suo arrivo. In panchina durante i match è una furia nell’incitare i compagni volteggiando il suo asciugamano, fra pacche sulle spalle e abbracci dispensati a tutti; coi tifosi è subito amore, tanto che Romero diventerà subito un idolo sistemandosi in curva con i tifosi a cantare e sbracciare quando non convocato o infortunato. Tanto che se cercate su Youtube è ancora visibile un video da lui realizzato che filma la curva in festa che canta un coro a lui dedicato.
In campo come detto pochi spezzoni, 6 partite in campionato e 11 minuti totali in Euroleague con un massimo di 8 punti insaccati contro il Prokom: memorabile rimarranno però certi gesti atletici come la schiacciata a mulinello, e un particolare tiro “a tagliola”, non bellissimo da vedere ma spesso efficace.
“Vi porterò sempre nel cuore, qui sono stato benissimo, una grande esperienza. Ho cercato di rendermi utile ovunque, in partita, allenamento, spogliatoio, e i ragazzi della curva sono stati eccezionali sostenendoci anche nei momenti più difficili”, disse dopo la fine della sua avventura senese. Che è proseguita a Udine con un ruolo da protagonista nel 2008-2009 (anche qui 13 e 7 di media in 21 gare), preludio però al definitivo ritorno dall’anno dopo in Venezuela, dove vestirà le maglie di nuovo del Marinos de Anzotaegui, e a ruota di Espartanos de Margarita, Mayaguez, Trotamundos, Guaros de Lara e dall’anno scorso Bucaneros de la Guaira. Lo stretto rapporto con la sua terra ne ha fatto un pilastro dal 2002 della nazionale venezuelana, con cui ha ottenuto un bronzo ai campionati Americani giocati in Repubblica Dominicana e l’argento ai campionati sudamericani di Argentina 2012. Ma siamo sicuri che un pezzo di cuore è rimasto ancora a Siena e nella curva del palazzo.
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