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NBA Week 9 – Detroit & co., come ti stravolgo una squadra in una mossa

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I Detroit Pistons, con la loro striscia aperta di sei vittorie consecutive, l’ultima delle quali nientemeno che contro i campioni in carica degli Spurs, sono senza dubbio la squadra più hot del periodo. Sarebbe semplicistico e riduttivo additare tutte le colpe dell’avvio disastroso a Josh Smith, ora ai Rockets, ma in taluni casi una trade (o in questo caso un taglio) di metà stagione può davvero cambiare le sorti di una franchigia.

Partiamo proprio dal team della “MoTown”: senza l’ala ex Atlanta, coach Van Gundy non solo ha potuto schierare un quintetto senza l’abominio tattico di tre uomini prettamente da post, ma ha motivato e legittimato la leadership di Jennings e Monroe. Smith, statistiche alla mano, era tra i giocatori della lega che teneva più tempo la palla ferma tra le proprie mani e per una squadra senza particolari specialisti da dietro l’arco, dato che in allenamento il migliore è pressoché sempre un uomo barbuto sistematicamente snobbato nelle rotazioni, nonché senza un vero playmaker, tale mancanza di ritmo si tramutava in un attacco lento, prevedibile e dalle percentuali disastrose. Altra pecca a sfavore di Smith è la sua predilezione per i “long two” i quali, sempre statistiche alla mano, sono i tiri meno remunerativi della lega. I Pistons di certo ora non diverranno una contender per il titolo né tantomeno per la eastern conference, ma un approdo in post season non appare più una chimera.

La trade di maggior spessore è stata quella che ha portato Rajon Rondo dai Celtics ai Mavericks. Mentre gli uomini in verde avevano bisogno di recuperare spazio salariale, in Texas si è provato ad aggiungere una nuova stella a roster. Rondo ha portato e porterà con sé i pregi e i difetti che contraddistinguono uno dei talenti più enigmatici della lega, capace di triple doppie e di assist al bacio ma non sempre in grado di metere in ritmo i compagni, tra i migliori recupera palloni della lega ma spesso difensore svogliato e fuori posizione. Se l’amalgama con Nowitzki e soprattutto Ellis sarà positivo allora la mossa di Cuban potrà definirsi ampiamente riuscita.

L’ultima trade di rilievo è stata invece messa a segno da tre team: Cavs, Thunder e Knicks. Ai Cavs sono approdati J.R. Smith e Iman Shumpert, ai Thunder Dion Waiters, mentre i Knicks hanno ottenuto due scelte e liberato enormemente lo spazio salariale. Chi ne abbia guadagnato e chi ne abbia perso è difficile da individuare, questa trade infatti può essere letta per ogni squadra in una duplice chiave.

I Cavs, nuovamente nell’occhio del ciclone, hanno cercato un’ulteriore mossa “now or never”, tesserando un ottimo difensore perimetrale e un ex sesto uomo della lega, che a New York ormai giocava senza alcuno stimolo. D’altra parte hanno perso dal punto tecnico una copia dello stesso JR, ma più giovane e più esplosiva; se Waiters ha fallito nel sistema Cavs potrebbe avere stessa sorte Smith.

I Thunder con Waiters sperano di riproporre, almeno in parte, quello straripante terzetto offensivo che era composto da Durant, Westbrook e Hardem. Nel sistema di gioco di Brooks, ricco di spot reimpostati per le proprie stelle, il talento da Syracuse potrà trovare migliore accoglienza e adattarsi meglio. Forse però non era il tassello che davvero mancava in Oklahoma.

I Knicks perdendo due uomini e acquisendo in pratica solo due scelte, presumibilmente neanche troppo alte, solo apparentemente ci hanno perso: il prossimo anno infatti sotto contratto rimarranno praticamente solamente Melo e Calderon, e avendo dietro la scrivania un certo Santone quale Phil Jackson è, l’ennesima ricostruzione nella Grande Mela senza dubbio potrà partire con migliori prospettive.

Stefano Minerba