Venezia-Varese sarà una sfida molto speciale tra le due panchine, per i tifosi varesini in particolare ma anche per tutti i tifosi della pallacanestro italiana. Carlo Recalcati contro Gianmarco Pozzecco. Il “Charlie” contro il “Poz”. Il maestro contro l’allievo. Insieme hanno conquistato lo scudetto della stella di Varese targata Roosters nel 1999 e l’ultimo grande successo della nazionale italiana, lo storico argento olimpico di Atene 2004. Una sfida affascinante che il coach della formazione oro-granata non può fare a meno di considerare nella conferenza pre-partita (QUI il resto delle dichiarazioni).
“ Quella contro Varese è una partita particolare. Varese è l’avversaria che dovremo affrontare e questo è fuori di dubbio, ma non riesco ancora a vedere Pozzecco come avversario. E’ la prima occasione dove ci affronteremo, quando ci sarà la palla a due sia per me che per lui ci sarà in mente solo la propria squadra con le soluzioni da trovare per battere gli avversari, però ci saranno tutte le sensazioni che avremo prima, quando saremo durante il riscaldamento, nei corridoi… E’ un’esperienza nuova, quindi sono curioso anch’io di vedere come la sentirò, come la vivrò, sarei bugiardo se dicessi che è un avversario come gli altri.”
Un rapporto, aldilà della stima reciproca professionale, nato non proprio bene in partenza ma decollato con gli anni. “Pensare che sia un rapporto nato da una perfetta sintonia, non è vero. Io apprezzo il Poz pur avendo dovuto nei suoi confronti delle decisioni che per lui non ha fatto piacere (riferimento alla sua esclusione dagli Europei in Svezia del 2003), anche perché quando hai questo ruolo non puoi vedere alle simpatie e alle amicizie, neanche i sentimenti, quindi bisogna cercare di svestirsi da tutto questo. Prima di andare a Varese, da avversario conoscevo le sue caratteristiche e qualità tecniche di giocatore. Quando ho iniziato a lavorare con lui, ho conosciuto un ragazzo cristallino, ed è questa è la dote migliore che ha il Poz. Non è artefatto, anche nelle sue dimostrazioni più disparate è sempre sincero, non c’è mai qualcosa di nascosto, qualcosa che lui deve fare per arrivare a ottenere. No, lui è così. Quindi anche nel nostro rapporto c’è sempre stato questo fatto, che io sapevo che comunque le sue manifestazioni in alcuni momenti molto esagerati e distanti dal mio modo di pensare e di essere, non potevo non accettarli. Non dico condividerli, però le potevo valutare semplicemente come un modo di esternare le sue sensazioni e il suo modo di essere, questo ha portato anche ad avere momenti di tensione, non solamente quando l’ho escluso dalla Nazionale, ma anche quando lo mettevo in panchina e non lo facevo giocare: quando non ci conoscevamo ancora, io cascavo nel suo tranello di stare in panchina davanti a lui e mi sentivo tirare la giacca… Poi ho imparato, se si sedeva all’inizio della panchina, io stavo in piedi in fondo. Se lui andava in fondo a sfogarsi col massaggiatore perché l’avevo tolto, allora me ne stavo dall’altra parte. Era un gioco. Lui si avvicinava in panchina verso di me e il mio assistente, io allora mi allontanavo verso il fondo. Però tutto nell’ottica di essere positivi e di essere costruttivi. ”
La differenza tra i due. “ Io non ho mai voluto avere per convinzione, dato che c’è la possibilità di aumentare esperienze e di accrescere nel momento in cui ti confronti con delle personalità e una capacità diversa dalla tua.
Non mi è mai piaciuta l’omologazione, io non ho mai voluto che tutti la pensano allo stesso modo, così lo faccio con i miei assistenti. Io odio gli staff dove un capo-allenatore va a correre, tutti a correre, il capo-allenatore si veste con la felpa, tutti si vestono con la felpa… E’ una cosa che sinceramente ho sempre odiato, ho sempre cercato di avere intorno a me persone che fossero l’esatto mio opposto. Poz è il mio esatto opposto, è stato il motivo nuovo per confrontarmi con una personalità diversa ed è servito anche ad accresce il personale come esperienza in più che ho fatto e che sto facendo nella mia attività di allenatore, ma soprattutto nella mia formazione come persona. ”
Pozzecco ha dichiarato che adesso da allenatore, capisce. “ Ma non ne avevo dubbi, ci sono passato anch’io! Io ho maturato la necessità di fare delle scelte come allenatore svestendo i panni della simpatia, dell’amicizia quando si fanno le scelte. Proprio perché io, quand’ero giocatore, non ero mai stato quasi mai vittima e sempre avvantaggiato dal fatto che gli allenatori potevano avere un occhio di riguardo, certe volte hanno fatto delle scelte sbagliate che mi hanno anche favorito nella scelta di squadra nazionale. Per cui è un percorso che ogni giocatore quando poi diventa allenatore fa e si rende conto che alla fine chi in quel momento ha preso delle decisioni nei suoi confronti non aveva così tanto torto, quindi era scontato che era così.”
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