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Cosa? Non sei come loro?

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Erano i giorni precedenti al Draft, quelli in cui cominci a confrontarti con amici e colleghi, rituale inevitabile visto l’infinito mondo della pallacanestro. Ognuno porta in tavola le proprie conoscenze, c’è sempre un giocatore o una lega che hai studiato di più. Proprio su quello verrai interrogato, e a tua volta andrai a caccia di delucidazioni su realtà troppo spesso lasciate da parte. È uno dei periodi più belli dell’anno per chi ama il basket tanti mondi separati si uniscono per una notte. La vera bellezza è ascoltare punti di vista diversi, in alcuni casi diametralmente opposti. Sapevamo tutti che Alessandro Gentile avrebbe diviso noi che lo avevamo seguito con attenzione, e così fu. La spaccatura dell’opinione pubblica era degna dei migliori referendum. Scout, giornalisti e

appassionati sostenevano la sua elezione, così come le stesse categorie la mettevano in dubbio. Facevo parte della metà che si era pronunciata con un secco “undrafted”, la stessa che festeggiò con gioia alle prime luci dell’alba. C’era di mezzo un connazionale, mai errore fu così dolce. Una cosa di quella notte e delle tavolate di avvicinamento mi è rimasta dentro. Mentre coloro che sostenevano la sicura selezione del giocatore dovevano solamente spiegarne le ragioni, l’interrogatorio di noi “contrari” non si esauriva con la lista dei potenziali limiti. Dovevamo puntualmente ripetere il solito discorso, sia che l’interlocutore fosse un sacro o un profano finire undrafted non sarebbe stata la morte del mondo. In troppi vedevano la mancata chiamata come una bocciatura, ignorando che il diploma di giocatore NBA lo si può ottenere lo stesso. C’era il fresco caso di Datome da poter citare, ma evidentemente non bastava. A poco serviva dire che Alessandro Gentile avrebbe comunque dominato in Europa, qualora la peggiore delle ipotesi si fosse avverata. Quel giorno il figlio di Nando ha affrontato l’inevitabile resa dei conti che attende ogni giovane italiano di talento da un po’ di tempo a questa parte. Andrea, Danilo, Marco, e per finire Luigi hanno portato il tricolore in quel mondo che sembrava così lontano, ma quante carriere hanno danneggiato per colpa di chi ne ha fatto uno strumento. Tre giocatori diversi, per ruolo, caratteristiche e storie di vita, esempi che coprono un ventaglio troppo ampio, ed ecco la terribile conseguenza per ogni ragazzo c’è un giocatore NBA pronto per il paragone. Persino loro sono impotenti e devono assistere al terribileamedeo della valle, nazionale meccanismo che in Italia si sta generando. Chiediamo troppo ai nostri prospetti, vogliamo sempre più con insistenza che siano come loro, anzi li costringiamo ad essere a tutti i costi come loro. E se non lo sono, c’è pronta la stampa ad infierire. L’universo in cui ogni ragazzo che muove i primi passi sul parquet deve diventare come uno dei fantastici quattro, altrimenti non è nessuno, lo abbiamo creato noi. Stiamo perdendo di vista che gli azzurri che vediamo sugli stessi campi di LeBron James e Kevin Durant sono dei predestinati. In America li definirebbero con l’espressione “once-in-a-generation”, la fortuna ha voluto che di cestisti italiani di quel calibro ne nascessero quattro all’interno della stessa, questo non significa che la nuova leva debba produrne altrettanti o addirittura in quantità maggiore. L’augurio, certamente, è che possa accadere ancora, senza farne un dramma nel caso in cui i nuovi non dovessero essere all’altezza dei precedenti. Per fortuna la storia del nostro campionato è piena di esempi che tranquillizzano esistono persone, come Gianmarco Pozzecco, che il salto completo non sono riuscite a farlo, eppure nessuno mette in dubbio la loro carriera. Andiamo a spiegarlo ai nostri giovani, invece di perdere tempo con le comparison dopo una bella partita. Interrompiamo questa assurda consuetudine secondo la quale ogni cestista italiano dal talento sopra la media “ha da passà ‘a nuttata”. Oggi tocca ad Amedeo Della Valle, dopo i 32 punti messi a segno contro Varese, ed è proprio la sua storia a rievocare Alessandro Gentile e la notte del Draft. Non serve a nulla capire se è davvero come Marco Belinelli, oppure se alla sua età il giocatore degli Spurs già dominava il campionato. Potete starne certi, il prossimo blocco di connazionali in NBA arriverà proprio nel momento in cui abbasseremo l’asticella e lasceremo i ragazzi liberi di seguire la propria strada, senza forzarli su una delle quattro che stanno facendo la fortuna del nostro basket.

 

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